Exit! Il recesso dai trattati multilaterali. Crisi e nuovi slanci nella cooperazione internazionale ed europea
XV edizione dell’Incontro tra giovani cultori delle materie internazionalistiche 1 aprile 2019, Milano
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Recentemente, il fenomeno del recesso degli Stati da trattati multilaterali si è registrato in diversi ambiti della cooperazione internazionale. La Brexit è l’esempio più rilevante e discusso, ma anche i casi di recesso dagli accordi in materia ambientale, penale, di protezione degli investimenti, fino a quelli sul disarmo nucleare, dimostrano l’attualità e la rilevanza del tema in esame. In alcuni casi, le denunce assumono un così forte valore politico da mettere in discussione l’intero modello di cooperazione sottostante; si pensi alle numerose critiche rivolte alla Corte penale internazionale, molte delle quali culminate in formali denunce allo Statuto istitutivo della Corte. In altri casi, il recesso di Stati da sistemi di cooperazione integrata, pur scuotendone le fondamenta, non sembra segnarne esclusivamente una crisi, costituendo un’occasione di riflessione sul sistema di cooperazione stesso. Paradigmatico, in tal senso, è il caso della notifica della volontà di recedere dall’Unione europea da parte del Regno Unito, che ha sicuramente costituito l’apice di una crisi politica del processo di integrazione europea, ma parimenti ha reso palese la difficoltà di costruire modelli alternativi di cooperazione internazionale, nonché l’importanza, invisibile perché scontata, dei risultati raggiunti nel solco dell’esperienza comunitaria.
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Altrettanto interessanti sono i casi di recesso come reazione a seguito di presunte condotte illegittime tenute dall’istituzione stabilita dal trattato, così come quelli temporanei a seguito dei quali lo Stato ‘in fuga’ rientra nel regime multilaterale, talora per rispettare le procedure costituzionali sulla competenza a denunciare. Altre volte ancora, l’abbandono di trattati multilaterali si manifesta in comportamenti che mostrano un disengagement, ossia un allontanamento de facto da – se non l’ostruzione di – procedure centralizzate gestite da organizzazioni internazionali, senza che sia avvenuto un vero e proprio recesso formale. In questo solco si collocano sia la prassi degli Stati membri di sospendere i fondi dovuti a un’organizzazione, sia il ricorso a mere minacce di recesso, per ragioni di politica interna o estera.
Per contro, nel diritto internazionale privato si assiste ad una certa tenuta degli strumenti multilaterali che stabiliscono norme di diritto internazionale privato e processuale: si pensi al successo sempre crescente della Convenzione di New York del 1958, con 159 Stati parti, e di numerose convenzioni redatte in seno alla Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato. La stessa Conferenza dell’Aja non sembra andare incontro a fenomeni di allontanamento dei suoi Stati membri. Tuttavia, alcuni recenti casi di recesso da trattati multilaterali pongono rilevanti questioni di diritto internazionale privato. È il caso della Brexit, che offre spunti di riflessione non soltanto riguardo all’individuazione della disciplina internazionalprivatistica che sarà applicabile a fattispecie aventi elementi di internazionalità connessi al Regno Unito. In proposito è altresì interessante seguire gli sviluppi relativi al possibile successo, nei rapporti tra Regno Unito e Unione europea, delle norme di diritto internazionale privato poste dai regolamenti dell’Unione. Del pari, alcuni recenti recessi da accordi di investimento sollevano questioni relative alle legittime aspettative dell’investitore straniero e inducono a più ampie considerazioni dal punto di vista di diritto internazionale privato e processuale.
Per info: 15convegnogiovanimilano@gmail.com