Il 6 febbraio 2025 il Presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump ha adottato un Executive Order “Imposing Sanctions on the International Criminal Court”, fondato sulla grave affermazione che la CPI “has engaged in illegitimate and baseless actions targeting American and our close ally Israel”. Accusando la Corte di compiere azioni che costituirebbero “an unusual threat to the national security and foreign policy of the United States”, il Presidente degli USA ha ordinato pesanti sanzioni che colpiscono “officials, employees and agents, as well as their immediate family members”; si tratta di misure assai simili a quelle adottate nel 2019 sempre da Trump e poi revocate dal suo successore nel 2021.
Il 7 febbraio la CPI, per bocca della Presidente Tomoko Akane, ha condannato l’Executive Order in quanto lede “its independent and impartial judicial work”. Il medesimo giorno, 79 Stati membri delle Nazioni Unite e della CPI – su iniziativa congiunta di Slovenia, Lussemburgo, Messico, Sierra Leone e Vanuatu – hanno adottato una dichiarazione che esprime “unwavering support” alla Corte, definita “a vital pillar of the international justice system”. L’Italia non ha sottoscritto la dichiarazione congiunta, alla quale hanno invece dato la loro adesione gli altri Stati membri dell’Unione europea (ad eccezione di Repubblica Ceca e Ungheria), oltre che la grande maggioranza degli Stati con cui il nostro Paese condivide valori e obiettivi di cooperazione.
Riteniamo che questa posizione dell’Italia segni una grave e pericolosa deriva rispetto alle tradizionali (e sempre confermate) scelte fondamentali del nostro Paese. Esse sono ispirate al rispetto dei valori fondanti della Costituzione repubblicana e alla base delle istituzioni internazionali, cui l’Italia ha dato un rilevante e nobile contributo negli ottant’anni del secondo dopoguerra. La delegittimazione delle istituzioni internazionali cui oggi si assiste si aggiunge alla violazione degli obblighi internazionali sulla quale la nostra Società ha già espresso una apposita presa di posizione. Nello specifico, appaiono di particolare gravità gli atti e le dichiarazioni che rappresentano un attacco alla CPI, soprattutto se si considera che l’Italia ha avuto un ruolo essenziale e determinante nella costituzione di quest’ultima. Il trattato che ha dato vita alla Corte, giova ricordarlo, è stato concluso al termine della Conferenza diplomatica del 1998, a guida italiana e affidata alla presidenza del Professor Giovanni Conso. Quel trattato è noto nell’intera Comunità internazionale – ed è entrato nella Storia – come “Statuto di Roma”. A nostro avviso, quindi, l’Italia non ha soltanto precisi obblighi giuridici, ma anche – per quanto riguarda nello specifico lo Statuto di Roma – obblighi morali. Il danno reputazionale che deriva dagli attacchi alla Corte determina un grave vulnus all’immagine del Paese.
In linea generale, infine, riteniamo doveroso che il nostro Paese riaffermi il proprio sostegno alle scelte operate dai governi della Repubblica italiana negli scorsi decenni, quando fu protagonista di importanti processi sul piano politico e giuridico che hanno dato vita a straordinarie realizzazioni di multilateralismo istituzionalizzato, come ha ricordato di recente, con equilibrio e fermezza, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Marsiglia. In un momento storico in cui, da più parti, il diritto internazionale viene violato anche dalle principali Potenze mondiali, è fondamentale che altri Stati intraprendano, con autorevolezza e determinazione, iniziative per richiamare il rispetto dei valori che ne sono alla base, quali pace, sicurezza, giustizia e cooperazione internazionale.
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